12. Abhyāsa-vairāgyābhyāṃ tan-nirodhaḥ
(mediante l’) esercizio costante/ e il non attaccamento, o assenza di desideri, o distacco/controllo; soppressione o inibizione di esse (le citta vṛtti)
La soppressione (delle modificazioni) (si ottiene) mediante l’esercizio costante e il non attaccamento.
Abhyasa vuol dire pratica costante e continua.
Vauragya descrive una condizione mentale di non attaccamento o distacco, di libertà da raga edwesa, cioè da attrazione e repulsione. La libertà sia dall’uno che dall’altro permette alla mente di concentrarsi e di diventare silenziosa. L’attaccamento è una fonte di disturbo per la mente.
13. Tatra sthitau yatno’bhyāsaḥ
di questi (due)/ di essere fermamente fondati o fissati/sforzo;impegno/ esercizio
L’ abhyāsa è lo sforzo di essere fermamente fondati in quello stato ( di citta-vṛtti-nirodha )
14. Sa tu dīrgha-kāla-nairantarya-satkārāse vito dṛḍhabhūmiḥ
che / invero, ma /(per) lungo/tempo/(con) interrotta continuazione; (incessantemente)/ (e) devozione riverente; zelo/ perseguito; praticato, seguito, proseguito/fermo/ suolo.
Esso (l’ abhyāsa ) diviene fermamente fondato quando lo si persegue per lungo tempo, senza interrruzione e con devozione riverente.
I due sutra chiariscono il significato della parola abhyāsa, che cosa si intenda con pratica costante e impegno nel perseguimento dell’obiettivo dello yoga che, ricordiamo, è la soppressione delle modificazioni della mente ( citta-vṛtti-nirodha ).
Nello stato di non mente si sperimenta un puro flusso d’amore, la vita diventa semplice e naturale, conosciamo sempre meglio noi stessi, il puruṣa (veggente, anima, il nostro Sè Superiore) è completamente libero di esprimersi senza condizionamenti esterni, senza attaccamenti, legami con il passato o proiezioni nel futuro. In questo stato tutto quello che ci viene dato dalla vita diventa una esperienza gratificante e una semplice occasione di farci canale dello Spirito che è in noi. Siamo ben contenti di esprimere le nostre capacità, di conoscere le risorse nascoste nelle profondità del nostro essere e di usarle per superare le difficoltà. Anche le avversità hanno il sapore di una sfida e, liberi dalla paura, le accogliamo con il senso del gioco tipico dei bambini. La connessione del nostro cuore con l’energia e l’intelligenza cosmica universale è così forte che in nessun caso ci sentiamo soli, vuoti o abbandonati, ma possiamo percepire distintamente la presenza di una intelligenza più grande che ci guida e ci sostiene anche nelle avversità.
Lo yoga è un insieme di pratiche (sādhanā) che mirano a ricondurci a noi stessi, ad uno stato di progressiva illuminazione, di pura vita. E’ necessario che la pratica sia costante, che ogni giorno troviamo almeno dieci minuti da dedicare a noi stessi. La pratica dello yoga non deve essere vissuta come un sacrificio o un dovere, ogni sādhaka (aspirante) può scegliere la pratica che preferisce all’interno delle innumerevoli tecniche proposte dalla disciplina dello yoga ( Bhakti Yoga, Jnana Yoga, Raja Yoga, Karma Yoga, ecc), purché la pratica quotidiana sia una occasione per stare con ciò che nel profondo della nostra anima pensiamo e desideriamo, per riportarci al centro e distaccarci dalle influenze esterne, dalle pressioni che ogni giorno subiamo nel lavoro, nella famiglia, nella società.
La pratica dello Yoga è un momento in cui ogni giorno confermiamo il nostro impegno a vivere secondo quello che siamo nel profondo, è un momento per trovare il coraggio di cambiare ciò che nella nostra vita non è aderente alla nostra anima e che ci rende infelici, ci svuota di energia.
La pratica costante è un modo per ricaricare la nostra energia ogni giorno, per evitare di arrivare a sentirci completamente scarichi, privi di forza, di vitalità, di gioia interiore, per mantenere la nostra vibrazione energetica alta, con pensieri positivi, con la voglia di fare, di amare e di dare al mondo ciò che abbiamo dentro.
In tal senso l’abhyāsa è una necessità, ma è una necessità naturale e spontanea. Quale senso avrebbe la vita se non nell’avere cura di noi stessi, del nostro cuore e nel nostro continuo migliorarci, nella nostra continua evoluzione?