7. Pratyakṣānumānāgamāḥ pramāṇāni.
cognizione diretta;evidenza dei sensi/ inferenza /(e) testimonianza; rivelazione/ fatti provati e accertati.
(I fatti della) retta conoscenza (si basano) sulla cognizione diretta, sull’inferenza o sulla testimonianza.
Possiamo ottenere una giusta conoscenza della realtà attraverso tre fonti:
Dal contatto dei nostri sensi con l’oggetto della nostra percezione. Se i nostri sensi sono sani, potremo avere una percezione corretta dell’oggetto percepito.
Dalla deduzione attraverso un ragionamento corretto che sia stato verificato molte volte. Per esempio dalla presenza del fumo posso dedurre la presenza di calore o del fuoco.
Dalla testimonianza se posso essere certo che l’altra persona abbia una giusta conoscenza dell’oggetto e che sia anche in grado di trasmettere correttamente la sua conoscenza.
8. Viparyayo mithyā-jñānam atad-rūpa-pratiṣṭham
falsa conoscenza, impressione erronea;errore;illusione/ falso;illusorio /conoscenza; concezione/ (sulla) non sua propria /forma (reale)/ che possiede;che occupa;fondato.
La falsa conoscenza è una concezione falsa di una cosa la cui forma reale non corrisponde a tale concezione erronea.
Quando per esempio scambiamo una corda per un serpente o vediamo il miraggio dell’acqua nel deserto o sull’asfalto, la nostra conoscenza non è corretta. i nostri sensi, quindi, non hanno percepito correttamente la realtà.
9. Ṥabda-jñānanupātī vastu-śūnyo vikalpaḥ.
parola/ cognizione/ conseguente da/ vuoto di sostanza;privo di oggettività/ fantasia.
Un’immagine evocata dalle parole senza possedere dietro di sé alcuna sostanza, è fantasia.
Usiamo le percezioni sensoriali acquisite in altri contesti, le ricomponiamo in diverse combinazioni per ottenere qualcosa che non esiste, che non corrisponde a nessuna esperienza. Sia la memoria che la fantasia sono di natura soggettiva, perché non hanno nessun contatto con la realtà.
Anche negli aspiranti spirituali a volte la mente si riempie di fantasie e idealismi.
Nella meditazione Dhyana a volte la mente può vivere un volo dell’ immaginazione, ma anche questa va rifiutata e bisogna tornare all’oggetto di concentrazione. Anche lo Yoga Nidra viene considerato uno stato offuscato della mente. Esso costituisce una buona sadhana per il principiante, ma è un metodo che deve essere in seguito abbandonato.
10. Abhāva-pratyayālambanā vṛttir nidrā.
assenza; il nulla/ contenuto della mente/ sostegno; oggetto fondamentale/ modificazione/ sonno.
Quella modificazione mentale che si fonda sull’assenza, in essa, di qualsiasi contenuto è il sonno.
L’esperienza mentale di un qualsiasi oggetto è chiamato pratyaya (contenuto della mente). Nel sonno la mente non ha contenuto, tuttavia lo stato di nidra (sonno) è considerato una vṛtti e questo perché, durante il tempo in cui una persona si trova nello stato di sonno, l’attività mentale non si arresta, è solo il cervello a non essere collegato alla mente e perciò non ne registra le attività. Al contrario, ciò che si sopprime nella pratica della meditazione è proprio l’attività della mente, mentre il cervello è connesso con quest’ultima e può quindi controllare la attività della mente inferiore. Si vede quindi che il sonno profondo e lo stato di citta vṛtti nirodha sono diversi.
11. Anubhūta-viṣayāsaṃpramoṣaḥ smṛtiḥ.
(dello) sperimentato/ oggetto; argomento/ (non furto); non lasciar andare o consentir di fuggire/ memoria.
La memoria consiste nel non permettere di sfuggire ad un oggetto che sia stato sperimentato.
La memoria è di due generi: la memoria conscia e la memoria subconscia. La prima implica il ricordo delle cose che sono state sperimentate, la memoria subconscia è tutto ciò che abbiamo vissuto e memorizzato in una zona inaccessibile della nostra coscienza. Nel secondo caso, le esperienze vengono trattenute nella mente come mere impressioni ( saṃskāra) e che, finché sono presenti in forma potenziale, non possiamo considerare citta vṛtti.
I saṃskāra sono molto potenti e, come tutti i pensieri, attirano gli eventi esterni. La memoria subconscia contiene anche i ricordi delle vite precedenti.